La Fortuna, Costa Rica – 16 novembre 2021
Sto viaggiando, come tanti altri d’altronde.
Ma questo viaggio ha un sapore diverso. Non sa di scoperta, non sa di avventura. Sa di fuga.
Chi ha l’animo nomade conosce bene questa sensazione. Si scappa dalla casa, dalle cose, si scappa dai legami affettivi, si scappa da regole, convenzioni, imposizioni. E ora, proprio in questo momento, sto scappando da catene che nel nostro Paese stanno diventando davvero troppo strette.
Wallace Stegner diceva “Non dovremmo negare […] che l’essere nomadi ci ha sempre riempiti di gioia. Nella nostra mente viene associato alla fuga da storia, oppressione, legge e noiose coercizioni, alla libertà assoluta e la strada ha sempre portato a Ovest“.
Certe mattine, quasi tutte oramai, mi alzo e mi sento confusa.
Provo a visitare qualcosa, qualcosa che sa di già visto, qualcosa che sa di turistico, ma a volte anche qualcosa che sa di local, ma sento di non esserci con la mente, di non esserci con il cuore.
Viaggiare non è sempre bello, non è sempre facile, non è sempre giusto. A volte viaggiamo perché sentiamo questo irrefrenabile impulso di andare che assomiglia più a un bisogno fisico come bere o mangiare. Un bisogno come si ha bisogno di una tazza di caffè o di una sigaretta. In quelle volte, quando il mio essere vagabonda mi porta fino a perdermi, mi trovo un angolino tranquillo, accendo il mio laptop e scrivo.
Scrivo per lavoro, scrivo per hobby. Scrivo letteratura, pezzi commerciali, pagine di diario, cazzate senza senso. Scrivo ed entro nel rabbit hole di Alice. Scrivo e mi ritrovo, perché anche nel viaggio servono dei punti fermi, servono delle zone neutrali dove ritrovare se stessi, lontano dal caos che ci circonda.
Questo è, per me, l’aspetto più bello dell’essere nomade digitale.
Che poi, non è altro che l’ennesima etichetta come lo potrebbe essere fattorino, idraulico, chef o surfista.
In un momento di dissociazione come questo, come quello che il mondo intero e la società ci stanno facendo passare, il mio lavoro mi salva.
Quello che mi sento di dirvi, se ammirate la vita da nomadi digitali, non è di farlo perché potete viaggiare a oltranza, perché cercate una scusa per sentirvi speciali o perché volete fuggire dalle responsabilità.
Fatelo perché capite che quel lavoro può salvarvi l’anima ogni volta in cui ne avete bisogno.
Un istinto vagabondo è qualcosa che è bello avere, perché non si perde mai la curiosità verso la vita. Ma è, al tempo stesso, un’eredità difficile da sopportare. E quello che sto capendo da questo mio viaggio in Costa Rica, che è più una fuga da sentimenti troppo pesanti da sopportare, è che amo il mio lavoro perché mi salverà sempre.
Per questo ringrazio Dio, la vita e me stessa ogni giorno, per averci creduto e per continuare a crederci.
A volte ho voglia di fermarmi, e il mio punto fermo è questo.
È importante dirlo, credo.
Da fuori sembra tutto super, sembra tutto bello. Ma la realtà in viaggio, un viaggio costante, ha tutt’altre sfumature. È fatta di risate e di lacrime, troppe e troppo facili, è fatta di WOW! e di terrore, di forza e di cedimenti, di gioia e di infelicità.
In questi momenti serve sempre un’ancora a cui attaccarsi, che per me è l’arte.
Era da tanto che non scrivevo qualcosa sul blog, perché condividere itinerari di viaggio in questo momento storico mi sembra fuori luogo. Forse lo farò a breve, ma non oggi. Così ho voluto provare a condividere sensazioni, a trasmettervi una piccola porzione di questo viaggio, un viaggio interiore, come sempre.
Un viaggio fatto di odio e amore per la vita, illusione, ma anche tanta speranza.
Amate sempre la vita, anche se in questo momento non vi sentite di essere dove dovreste e ci siete finiti per le ragioni sbagliate. E quando sentite che è troppo pesante da sopportare, cercate una zona sicura, un luogo segreto.
Per me è l’arte, ma ognuno ha il suo.
E così inizio un’altra giornata. Fuori il sole non riesce a penetrare la coltre di nubi tropicali, è normale. Forse tra cinque minuti verrà giù acqua a catinelle, o forse no.
Fuori ci sono il vulcano, la foresta, ci sono sentieri immersi nella natura. C’è tanto da esplorare, ma lo farò la prossima volta. Oggi voglio accendere il laptop e scrivere qualcosa. Ho già fatto delle escursioni nei giorni passati, troppo patinate, troppo turistiche. Attese infinite, attenzioni affettate, prezzi che sanno troppo di States. Non è questo che cerco, non ora. Ho di fronte il laptop, pieni di adesivi di troppi Paesi, e di fianco una tazza di caffè locale.
Voglio ricaricare le energie prima di continuare il viaggio.
Un viaggio che ricomincerà domani con un altro autobus, uno dei tanti, uno di quelli che non ricorderò oppure ricorderò solo per il male alla schiena e la puzza dei sedili. O per la guida di merda dell’autista.
Domani continuerà il viaggio, ma oggi ho voglia di riempirmi la testa e il cuore di arte, perché ogni viaggio è soprattutto un viaggio dentro noi stessi.
I viaggi veri ci mettono di fronte ai nostri demoni e ci danno gli strumenti per sconfiggerli.
Se non è questo, beh è turismo. Ed è un’altra cosa.
Un gatto mi guarda incuriosito e infastidito dal capannone con il tetto in lamiera di fianco a quello sul quale sono appollaiata io. Esce un raggio di sole, il gatto non c’è più.
Accendo il laptop, anche il Costa Rica non c’è più.
Costa RicaNote dalla strada
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