I cenotes sono delle formazioni naturali molto curiose. Ne sono venuta a conoscenza per la prima volta leggendo un romanzo.
Sono rimasta subito affascinata dalla descrizione di questo luogo tanto spettacolare quanto insidioso.
Successivamente ho approfondito l’argomento attraverso articoli su riviste di viaggio.
Ci sono fenomeni della natura che mi colpiscono in particolar modo e questo è uno di essi. Durante il nostro viaggio in Messico, nella penisola dello Yucatán, ci si è presentata l’occasione di visitarne uno. Si trattava di Ik Kil, un cenote vicino a Chichén Itzá, sito archeologico della civiltà Maya rinomato nel mondo.
Un fenomeno geologico
I cenotes possono essere di svariate tipologie.
Alcuni sono delle vere e proprie grotte calcaree piene di acqua, formatesi a seguito dello scioglimento dei ghiacci durante l’Era Glaciale. Mondi collegati tra loro da cunicoli all’interno della terra lunghi chilometri, oppure certi hanno la forma di veri e propri pozzi giganti, con un’apertura che lascia spazio al cielo. Il cenote vicino a Chichén Itzá, di cui stiamo per raccontarvi, fa parte di quest’ultima categoria.
È un fenomeno che caratterizza tutta la penisola dello Yucatán, sono tantissimi e molto diversi tra di loro.
La nostra guida ci ha spiegato che questa tipologia si forma nel punto in cui una volta si trovava una determinata tipologia di pianta. Ha il tronco molto largo, con radici ramificate che, arrivata ad un certo punto della sua vita, collassa all’interno della terra lasciando questo enorme pozzo di acqua dolce.
Se si è esperti si possono individuare da subito le piante dalle quali nascerà un nuovo cenote.
Costituiscono un accesso alle fonti idriche sotterranee della zona.
L’acqua che si trova all’interno non è altro che acqua piovana filtrata dal suolo, la quale va a riempire queste enormi “cisterne”.
Che funzione avevano i cenotes per i Maya
All’epoca della civiltà Maya questa grande riserva di acqua dolce avrebbe potuto costituire un bene prezioso. In realtà non sono mai stati utilizzati con lo scopo di fornire acqua da bere oppure per lavarsi.
Cenote significa infatti acqua sacra.
Proprio per questa concezione di sacralità, gli era riservata tutt’altra funzione.
Costituivano il collegamento con un mondo sotterraneo ed erano principalmente utilizzati per i sacrifici umani. Prigionieri, ma soprattutto giovani donne, venivano lanciati all’interno di questi pozzi in onore degli dei.
Essendo un cenote vicino a Chichén Itzá, è sempre molto affollato
Saggiamente, la nostra guida ci ha consigliato di fare la visita alla mattina, momento della giornata in cui ci sono meno turisti, i quali generalmente arrivano nel pomeriggio.
Scesi dall’autobus ci siamo avvicinati all’ingresso. Se vi aspettate un luogo immerso nella natura incontaminata non è esattamente quello che vi troverete davanti. La natura c’è, ma c’è anche una struttura turistica perfettamente attrezzata attorno al cenote. È fornita di spogliatoi e di tutto il necessario per cambiarvi e mettervi il costume prima di tuffarvi in acqua.
Si comincia a scendere
Dopo esserci cambiati, ci siamo diretti verso l’ingresso della grotta.
La luce comincia a scarseggiare sempre di più, si entra lungo il lato, percorrendo una scala intagliata nella roccia. Io non ho portato le ciabatte, sbagliando, perché è davvero scivolosa. Il pelo dell’acqua si trova a 26 metri sotto il livello della terra, è normale che già all’inizio della discesa sia tutto umido.
Per un momento siamo avvolti dalla penombra, poi è riapparsa la luce del sole.
Terminiamo la scala e lo spettacolo che ci si apre davanti agli occhi è incredibile.
Si deve guardare su, sopra i primi due metri di turisti.
Dalla sommità dell’apertura affiora la vegetazione.
Le radici finissime delle piante scendono all’interno del solco. Le goccioline che le imperlano sono accese dalla luce del sole. Creano quasi una nebbiolina. Un paesaggio mistico, che sembra davvero creare un collegamento con qualche mondo divino.
Le radici delle piante non vanno assolutamente toccate, altrimenti muoiono. Benché tantissimi turisti lo facciano, voi cercate di essere rispettosi.
Ed ora tuffiamoci!
Abbassiamo lo sguardo nuovamente. Passiamo la barriera di persone e guardiamo verso l’acqua: 90 metri di profondità scura ed ignota. Ogni tanto si vede passare un pesciolino.
Per entrare ci sono due possibilità. Sulla destra una scala che porta su una sporgenza della roccia da cui ci si può tuffare. Non è molto alta, è fattibile e senza pericoli. Diversamente, sulla sinistra, c’è una scaletta da cui si può salire e scendere dall’acqua.
Noi abbiamo deciso di utilizzare la seconda scala. Non molto felice come scelta perché ci sono pochi pioli completamente bagnati e presi d’assalto da mamme con i figli.
Scendere è stato abbastanza semplice, risalire un po’ meno.
Nella grotta forniscono anche giubbotti per poter stare più facilmente a galla, essendo acqua dolce. Se avete poca resistenza vi consigliamo di indossarlo, altrimenti farete abbastanza fatica.
Noi non ci siamo curati della cosa, infatti ce ne siamo pentiti successivamente.
Lasciatevi percorrere dalle sensazioni
L’acqua è fredda e scura.
Fa un po’ paura guardare verso il fondo, pensando di avere così tanti metri sotto ai piedi. Ci si sente davvero piccoli ed indifesi.
Poi abbiamo alzato nuovamente la testa verso l’alto. Lo spettacolo di prima era ancora più maestoso.
Piccole goccioline di acqua ogni tanto ci cadevano sulla faccia. Le radici fini delle piante sfioravano il pelo la superficie per trovare nutrimento.
La natura è così perfetta nella sua semplicità.
Siamo stati dentro molto, non riuscivamo ad uscire. Nonostante i turisti, che comunque non erano pochissimi, questa esperienza ci ha davvero emozionati.
Se avete il brevetto per SUB informatevi in quali siti potete fare le immersioni con l’attrezzatura.
Terminata l’esperienza in questo stupendo cenote vicino a Chichén Itzá, abbiamo ripreso la strada verso il sito archeologico che dista meno di dieci minuti di strada, ma questa è un’altra storia.
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