L’India. L’India è indescrivibile a chi non l’abbia mai vista, a chi non abbia mai appoggiato i piedi sulla sua polverosa e santa terra, a chi non abbia mai annusato i suoi pungenti odori agrodolci, a chi non si sia mai smarrito di fronte a una sua ovattata alba o a un suo tramonto.
Nessuno sa bene perché la ama o, se lo sa, difficilmente riesce a esprimerlo a parole.
Quello che so è che uno dei motivi per cui mi sono innamorata di lei è che qui, in India, ogni azione diventa un profondo rituale che ti emoziona, ti impregna di magia, ti scava nell’anima.
Uno dei più bei rituali a cui abbia mai assistito in India si è svolto a Keshi Ghat, sui gradoni di Vrindavan che si inabissano nel sacro fiume Yamuna. Qui, all’alba e al tramonto, ogni giorno si svolge l’Aarti.

Il Keshi Ghat di Vrindavan
Vrindavan è una delle città sante dell’India. Qui vengono venerati Radha e Krishna, le divinità che impersonificano il vero amore. Vrindavan è un luogo magico, dove l’energia dell’amore è palpabile nel via vai delle strade, nei sorrisi delle persone, nelle mani che sgranano il japamala ripetendo mantra eterni.
Ed esiste un luogo a Vrindavan ancora più magico degli altri, è il Keshi Ghat.
In India vengono chiamate “ghat” tutte le scalinate che scendono in un corso d’acqua, che può essere un fiume come un lago. Molto famosi sono i ghat di Varanasi dove avvengono le cremazioni degli induisti che vogliono interrompere il ciclo delle reincarnazioni, ma tantissime città indiane hanno queste scalinate.


Il Keshi Ghat scende nel sacro fiume Yamuna collegando alle acque i templi in stile rajasthani. Il nome di questo luogo pare che derivi da una leggenda che riguarda il dio Krishna. Quest’ultimo era stato scelto per uccidere lo zio il quale, per scampare a questo nefasto destino, inviò il demone Keshi. Pare che proprio in quell’occasione un amico di Krishna si fosse travestito come lui, confondendo il demone. Quando Krishna si accorse di ciò che stava accadendo uccise il demone per poi fare il bagno nello Yamuna. Il nome di questo luogo deriva proprio dal fatto che qui, secondo i racconti popolari, trovò la morte il demone Keshi.


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Altre leggende narrano che Krishna uccise un demone che stava avvelenando lo Yamuna. Ma si racconta anche che qui ebbero luogo dei lila, dei divertimenti tra divinità, in cui Krishna si divertiva a rubare i vestiti delle pastorelle mentre loro facevano il bagno nel fiume.
La visita di questo luogo può essere fatta in diversi modi. A piedi passeggiando tra i templi e camminando sui gradoni oppure in barca per poche rupie per poter ammirare il ghat da lontano. È possibile anche farsi portare sulla riva opposta per vederlo nella sua totalità.


L’Aarti a Keshi Ghat
Il Keshi Ghat di Vrindavan è bellissimo da visitare in qualsiasi momento della giornata, ma diventa mistico all’alba e al tramonto. È in questi momenti che hanno luogo le offerte per Radha e Krishna con canti e preghiere intonate dai locali e dai viaggiatori.
L’Aarti è una sequenza di offerte rivolte a una delle tante divinità induiste (non è propria di una divinità in particolare) che viene fatta in determinati momenti della giornata. Durante il rituale si fanno offerte tra cui fiori, dolci, latte e, mentre la giornata volge al termine, si accendono delle candeline che vengono poi delicatamente calate nello Yamuna affinché le porti lontano lungo il suo corso.


I devoti mettono le mani a coppa sul fuoco, le trascinano sulla fiamma e poi si toccano la testa, mangiano il cibo offerto e cantano insieme.
Molti si chiedono perché in India le persone, anche se possiedono poco, sembrano più felici. La risposta la puoi trovare proprio durante l’Aarti sul Keshi Ghat. Gli induisti sono felici perché, nonostante tutto quello che può succedergli nella vita materiale, sanno di essere un’anima. E quest’anima, questa sfera spirituale, a Vrindavan puoi vederla con i tuoi occhi, puoi sentirla nel tuo corpo, puoi assorbirla con i sensi.
Partecipa a un Aarti a Keshi Ghat
Un pomeriggio ho preso un tuk tuk dall’ashram in cui alloggiavo e mi sono recata, verso le sei del pomeriggio, al Keshi Ghat. I devoti erano già seduti, in serena attesa, sui gradoni. Qualcuno stava prendendo una barca per fare un giro sul fiume, barca che di lì a poco avrei preso anch’io per ammirare l’architettura dei templi.
Quando il sole ha iniziato a calare sono iniziati i canti devozionali e le diverse offerte, il tutto ammantato dal fumo di esotici incensi.
Sono salita su un punto sopraelevato per ammirare lo spettacolo dall’alto. Mi sono trovata di fianco a un sadhu che, tranquillamente, mi ha sorriso per poi tornare a dedicarsi all’osservazione della vita che si svolgeva ai suoi piedi.


Prima i fiori, poi il latte versato nel fiume, infine le candeline che si disperdevano tra le chiglie delle barche per andare lontano, sempre più lontano…in quel momento ho sentito nelle viscere tutta la potenza dell’India.
Sono rimasta finché il sole non è calato del tutto dietro i palazzi. Non riuscivo ad andarmene, non volevo che quella profonda pace interiore, quell’elogio della vita, quell’inno alle anime immortali mi abbandonasse.


E anche tu, per favore, non andare in India soltanto per visitare i siti archeologici e i luoghi di interesse culturale.
Certo, questi sono necessari, ma la vera anima dell’India è altrove.
Immergiti nella vita locale, guarda come le madri si occupano dei figli, come gli animali circolano indisturbati per le strade, come i devoti osannano i trenta milioni di divinità del loro pantheon.
Perché l’India è carica di rituali, di fascino, di magia.
E questa solitamente la trovi nel buco più pidocchioso in fondo a una lurida strada, perché lì può esserci un tempio con un devoto che fa un’offerta alla divinità e a quel punto l’ordinario si trasforma in sovrannaturale. È in questo modo che gli indiani caricano i gesti di profondità e la vita di significato.
AsiaIndia
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