Nell'estremo Nord-est dell'India, fra le montagne più remote, in una lingua di terra in cui il Paese comincia a perdere la sua identità per entrare nel cuore dell'Asia, esiste un'etnia antica come la foresta in cui vive: i tagliatori di teste del Nagaland.
É India solo per poco, non è ancora Myanmar, la tribù dei Naga vive sulle montagne che segnano il confine, con la cucina in uno stato e la camera da letto nell'altro.
Il loro nome incuriosisce ed agita allo stesso tempo, mentre si pensa a come può essere camminare per le vie di un villaggio in cui una volta si svolgevano guerre e si praticavano atti così cruenti. Tuttavia, la pratica è andata scomparendo verso gli anni '70, grazie all'arrivo degli inglesi e delle spedizioni. Questa parte di mondo si è alleata con gli inglesi durante la guerra e la collaborazione ha portato ad una conversione al cattolicesimo della popolazione, con conseguente estinzione della pratica che ha dato il nome alla tribù.
Ora, gli antichi tagliatori di teste del Nagaland conducono una vita sedentaria e tranquilla, basando il loro sostentamento sulla caccia e sull'agricoltura.
Sono andato a visitare queste zone con un gruppo di fotografi e la realtà che ci hanno raccontato attraverso i loro villaggi è davvero forte.
Le aree rurali attorno a Mon
Questo territorio si trova in una parte di India molto delicata, di confine, perciò appena siamo arrivati a Mon, l'ultimo grande paese che si incontra prima delle zone rurali, ci siamo dovuti registrare presso le autorità locali. Qui rilasciano un'autorizzazione per poter circolare nella zona, da mostrare quando si viene fermati nei posti di blocco lungo le strade.
Ci siamo poi lasciati il paese alle spalle per addentrarci nella vegetazione.
Abbiamo imboccato una strada sterrata e piena di buche per riuscire a raggiungere i villaggi isolati in montagna.
La curiosità è arrivata subito mentre ho letto i nomi dei piccoli paesi che avrei visitato: Longwa, Tang, Shangnyu, Hongpoi, Shenga e Chingnyu.
Il paesaggio cambia, si percepisce l'ingresso in un microcosmo a sé.
I villaggi dei tagliatori di teste del Nagaland
La semplicità e la tranquillità con cui scorre la vita di queste persone si percepisce appena si mette piede nel villaggio.
Per prima cosa ci siamo recati nella zona comune in cui si ritrovano gli anziani, per lasciare un'offerta che viene poi consegnata al re.
Nell'organizzazione sociale di queste tribù è ancora riconosciuta e vigente la figura del re. Ben lontana, tuttavia, dall'ideale che abbiamo noi occidentali di sovranità.
Il re vive comunque nella capanna più grande e riceve offerte in raccolto dagli abitanti del villaggio. Queste pratiche sono state o sono tutt'ora sempre riconosciute fra gli strati più alti della società.
Tornando a noi, l'incontro con gli anziani si è rivelato da subito molto interessante.
Nella sala comune in cui si ritrovano raccontano storie, esibiscono i loro cimeli di guerra.
Si mostrano subito socievoli con i visitatori.
L'impatto con la vita rurale è molto forte.
Ci guardiamo attorno e vediamo capanne di legno e lamiera, con pareti costituite da bambù intrecciato e tetti di paglia. Di fianco alla capanna ci sono i vestiti stesi al sole insieme alle ceste di cereali da essiccare.
Non passa mai la perplessità che si prova quando si pensa che tante popolazioni al mondo vivono ancora in realtà così essenziali.
I cereali che abbiamo visto sono il loro principale alimento, tramite i quali creano i cibi che poi consumano.
Inoltre c'è la caccia.
Particolare che non può sfuggire perché nelle capanne, dentro e fuori, file ordinate di crani e di corna di animali fissano chiunque decida di addentrarsi.
Siamo passati di fianco ad un uomo seduto per terra che stava fabbricando un oggetto di artigianato molto lavorato, intagliando il bambù.
Alle estremità dei villaggi, dove ci sono i campi, abbiamo incontrato dei gruppi di bambini che ci hanno guardati sorridenti, per niente intimoriti. Ci trattavano come se ci avessero visto da sempre.
Un bambino mi ha mostrato qualcosa che stringeva fra le piccole dita.
Tra me e me ho pensato: "Spero non sia il suo pranzo!"
Gli interni delle capanne
Dopo aver osservato il villaggio dall'esterno, siamo entrati nelle capanne, dove si svolge la maggior parte della loro vita.
Varcata la soglia ho dovuto strizzare gli occhi per adattarli all'oscurità.
L'aria era pesante, si faceva fatica a respirare.
Questo perché, nell'enorme stanza che costituisce l'interno della capanna, gli abitanti tengono costantemente acceso un fuoco. Non avendo un punto di fuga, il fumo va ad annerire il tetto e ad impregnare l'aria.
A parte questo, si possono notare pochi altri particolari. Alcuni fanno scendere dal soffitto una struttura in corrispondenza del fuoco, per tenere i cibi al caldo oppure essiccarli.
Tuttavia, se ad una prima occhiata l'arredo sembra impersonale, guardando più attentamente si possono notare dei dettagli davvero interessanti.
Calendari di annate passate appesi alle pareti, col solo scopo di fornire un supporto su cui attaccare alla buona delle fotografie, le poche che possiedono. Vicino invece, come se volesse creare un contrasto, un ritratto ben conservato di una coppia.
Il grido di una popolazione antica che non vuole andarsene.
Che vuole lasciare, come tutti gli altri, un ricordo del proprio passaggio.
In alcune case, nella semi oscurità, certe persone lavorano il ferro creando oggetti ed armi.
In altre, senza tanti pensieri, gli abitanti fumano l'oppio.
Questa è una delle loro attività principali e l'oppio arriva direttamente dal Myanmar.
Un bel cambiamento di vita per gli antichi tagliatori di teste del Nagaland!
Usciamo e rientriamo nelle capanne, ognuna con la sua particolarità ed i suoi abitanti curiosi.
Finché siamo finiti in una in cui viene custodito un enorme tronco cavo intagliato, lo Sham, che viene utilizzato per comunicare tra i vari villaggi.
Noto che nel villaggio non manca niente.
Persino in queste zone completamente isolate ci sono sia la chiesa sia la scuola.
I bambini sembrano felici, alla mattina studiano e al pomeriggio vanno a giocare nei campi.
I tagliatori di teste del Nagaland e il loro re
Il villaggio e le capanne sono interessanti, ma nulla regge il confronto con la peculiarità degli individui che le popolano!
Quelli che una volta erano i guerrieri del villaggio si riconoscono subito dal loro volto, un po' scuro, ma non perché siano sporchi. Sono tatuaggi creati apposta, a forma di maschera.
Mentre li stavo osservando, un anziano guerriero mi si è avvicinato.
Ha alzato la maglietta.
Io ho alzato lentamente la macchina fotografica per scattare.
Sul petto aveva altri tatuaggi a forma di V.
Questi uomini sono piccoli di statura e molto magri.
Tanti di loro hanno voluto delle foto.
Vedere un europeo alto, con i capelli ricci e gli occhi chiari dev'essere affascinante per loro almeno tanto quanto noi siamo stati incuriositi dal loro aspetto.
Mentre ci si mette in posa per farsi ritrarre insieme, un po' intimorisce pensare di abbracciare quello che una volta era un guerriero che tagliava le teste degli avversari.
In realtà questa pratica era diffusa perché pensavano che, tagliandogli la testa, avrebbero acquisito ancora più potere e sarebbero diventati guerrieri più forti.
Mentre si ride, si scherza e si scatta, in fondo sembrano dire: "Ehi tu, siamo magri ma siamo forti!"
Il numero dei nemici che hanno ucciso si può contare dalle teste di metallo che pendono dalle loro collane, che sfoggiano ai visitatori con grande orgoglio.
Ma, tra tutti, come riconoscere il re dei tagliatori di teste del Nagaland?
Abbiamo già detto che vive in una capanna molto grande, che si distingue dalle altre anche grazie ad ornamenti esterni come tavole di legno intagliate, corna di bufalo e animali imbalsamati.
I re, solitamente, sono molto giovani, portano cappelli particolari ed indossano collane con denti di tigre.
Il dente di questo animale è facilmente riconoscibile perché nella parte interna, in una delle estremità, presenta una protuberanza accentuata.
Un po' sorridente, reduce da un'intensa fumata di oppio, ci ha accolti nella sua casa.
Le contraddizioni di un popolo antico che vive in un mondo sempre più tecnologico
É stata un'esperienza che mi ha arricchito particolarmente.
Durante la visita a questi villaggi, la cosa che mi ha colpito di più è stata l'estrema povertà in cui vivono, con capanne di legno e pochi altri averi che costruiscono da soli.
Tuttavia sui tavoli delle case, a volte, l'occhio può cadere su un cellulare e, guardando in alto lungo la linea delle montagne, si possono scorgere dei ripetitori. Questa contraddizione si nota anche nei loro vestiti, che sono chiaramente occidentali, anche se qua e là svetta qualche copricapo tradizionale ornato da ossa.
Un accenno di mondo moderno che cerca di entrare a fatica in queste realtà. Come avevano cercato di fare anche gli inglesi a suo tempo, ma tutti si sono dovuti inchinare al forte carattere dell'antica tribù.
Infine, interessante ed intimidatorio allo stesso tempo è il fatto di trovarsi davanti questi piccoli uomini, con i loro cimeli di guerra, e pensare che una volta erano cacciatori, guerrieri, erano appunto i tagliatori di teste del Nagaland.
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